archivio | 14 gennaio 2010

Intervista a Gianrico Carofiglio

Gianrico Carofiglio

E’ appena arrivato nelle librerie, fresco fresco di stampa, Le perfezioni provvisorie, l’ultima fatica letteraria di Gianrico Carofiglio, pubblicata da Sellerio (14 €).

È il quarto della serie di legal thriller che ha per protagonista l’avvocato Guido Guerrieri. I tre precedenti Testimone inconsapevole (Sellerio 2002), Ad occhi chiusi (Sellerio 2003),  Ragionevoli dubbi (Sellerio 2006), oltre ad aver decretato il successo di questo scrittore, vincitore di molti premi letterari italiani e internazionali, lo hanno fatto amare da milioni di lettori.

Nonostante i suoi numerosissimi impegni come magistrato, come scrittore di successo e anche come Senatore della Repubblica, Gianrico Carofiglio si è prestato molto gentilmente a rispondere alle nostre domande per questa intervista che possiamo così pubblicare proprio il giorno dell’uscita del libro.

 

Il suo primo libro è uscito quando lei aveva superato i quarant’anni. Come è arrivato alla scrittura? 

Ho sempre desiderato fare lo scrittore, sin da quando ero bambino. Per molti anni ho avuto paura di provarci. Poi  a un certo punto mi sono reso conto che rischiavo di passare da frasi come: “vorrei fare lo scrittore” a frasi come: “avrei voluto fare lo scrittore”. Questa inquietante percezione è stata l’ultima spinta per cominciare.

Pensa che un magistrato che scrive romanzi gialli abbia qualcosa in più rispetto ai giallisti che non hanno un’esperienza sul campo? 

Beh una certa esperienza del mondo reale in effetti non guasta.

 Che ne pensa della proliferazione negli ultimi anni di noir e gialli?

Non ne penso nulla, in generale. Per me i libri si valutano uno alla volta, verificando se sono scritti bene o male, se raccontano storie buone o cattive.

Come mai, secondo lei il legal thriller non è diffuso nel nostro paese, al contrario di quel che accade negli Stati Uniti e in Gran Bretagna?

Dipende dal fatto che il cosiddetto rito accusatorio (l’unico compatibile con la narrazione di suspense giudiziario) è in Italia relativamente giovane.

Quando scrive un romanzo sa già come va a finire o si lascia trasportare dalla storia e dai personaggi?

La sola cosa che so, quando comincio a scrivere, è come finirà il romanzo. Il resto viene un pezzo alla volta.

Lei è un magistrato e il protagonista dei suoi libri, Guido Guerrieri, è un avvocato. È interessante che abbia scelto la prospettiva dell’altra parte, cioè di chi difende. Che ne pensa?

Penso che attraverso la prospettiva di un avvocato cercavo inconsciamente un punto di vista diverso dal mio, per raccontare con maggiore freschezza. Peraltro è interessante, forse, notare che quest’ultimo romanzo, a differenza dei precedenti, racconta una storia di investigazione. Questo accade adesso che non faccio più l’investigatore e la cosa mi manca. Forse ho sopperito a questa mancanza facendo fare l’investigatore – molto sui generis – a Guerrieri.

Che effetto le ha fatto vedere la trasposizione televisiva e cinematografica dei suoi romanzi? Ritiene giusta le scelta degli attori per i personaggi che lei aveva pensato?

Penso che i due film fossero buoni prodotti televisivi ma che non cogliessero lo spirito dei romanzi e dei personaggi.

Qualcuno ha detto che il ritardo con cui i film sono stati trasmessi in tv era dovuto al fatto che fossero prodotti “qualitativamente troppo raffinati”. Che ne pensa della televisione di questi tempi?

Non abbiamo spazio sufficiente (ride).

Si è anche recentemente cimentato nel graphic novel in collaborazione con suo fratello, l’illustratore e regista Francesco. Ci può raccontare qualcosa di questa esperienza?

Ci siamo divertiti, qualche volta abbiamo litigato e queste sono buone premesse per un lavoro creativo.

Sua madre è la scrittrice Enza Buono. In coda a uno dei libri di lei, Quella mattina a Noto, (Nottetempo) è pubblicato un suo racconto. Come è nata l’idea? Come è stata l’esperienza?

E’ stata un’idea di Ginevra Bompiani. Ci è piaciuto mettere accanto le nostre scritture, così diverse fra loro. L’unica cosa che mi ha dato fastidio è stato sentirmi dire che mia madre è più brava (ride).

Nel suo ultimo libro, Le perfezioni provvisorie, ha introdotto un nuovo personaggio: Consuelo, avvocatessa peruviana, quindi una persona immigrata e ben inserita. Ha un significato particolare?

Può darsi. Ma i significati, nei romanzi, devono trovarli i lettori.

Quali sono i suoi riferimenti culturali?

Diciamo da Tex Willer alla scuola di Francoforte…

Che libro sta leggendo in questo momento?

Democrazia e potere di Norberto Bobbio e un racconto di Erri De Luca.

Tra il suo lavoro di magistrato, quello di scrittore e la sua attività di Senatore della Repubblica, riesce a trovare spazi per passioni e hobbies?

Sicuramente. Il tempo, per fortuna, è una entità elastica.

Quale musica ama ascoltare?

Di tutto, con una preferenza per il rock classico.

Che consigli darebbe a chi volesse intraprendere il mestiere di scrittore?

Somerset Maugham diceva che ci sono tre segreti per scrivere un romanzo di successo. Sfortunatamente nessuno sa quali siano…

I suoi romanzi si svolgono a Bari, lei ne dà una descrizione così bella e al contempo così “vera”, che fa venire davvero voglia di visitarla a chi non l’ha mai fatto: che rapporto ha con la sua città?

Direi esattamente quello raccontato nei miei libri.

Una curiosità: Lei proviene da una regione in cui la cucina ha una tradizione molto marcata. Qual è il suo piatto preferito?

Purè di fave e cicorie.

Com’è l’Italia vista dagli scranni del Senato?

La mia preoccupazione è piuttosto: come sono gli scranni del Senato (o della Camera) guardati dal paese.