archivio | dicembre, 2009

Un regalino per il nuovo anno: Panforte e Panpepato

Nell’ultimo post del 2009 non voglio rischiare di scrivere delle banalità. E se mi lascio trascinare dai pensieri legati all’anno che se ne va e a quello che verrà la banalità più che un rischio diventa una certezza. Allora ho deciso di chiudere questo 2009 in dolcezza, parlandovi di un argomento che tratto sempre molto volentieri: la cucina.

E quindi vi racconto questi due dolci tipici delle festività natalizie, che non possono mancare sulle nostre tavole in questi giorni (prima della dieta): il panforte, tipico dolce toscano, e il panpepato, dolce più genericamente dell’Italia centrale, adattato in mille modi a seconda della propria tradizione regionale o familiare.

Vi racconto un aneddoto. Era il dicembre del 2001 quando Spicy mi chiamò al telefono mentre ero in montagna, e mi disse: “Ora basta con crostate e pan di spagna: dobbiamo elevare la nostra cucina: provo a fare il panforte”. E così dopo l’ottimo tentativo di mia sorella, io non potevo essere da meno, e nonostante non fossi proprio un’amante di questo dolce, trascinai marito e figli, nelle valli reatine alla ricerca di ingredienti non proprio di facile reperibilità. Quindi con un fornetto un po’ “scrauso” feci per la prima volta questo dolce e me ne sono innamorata al primo assaggio. E da qui è cominciata la vera passione che Spicy e io abbiamo per la cucina e che ci porta a scoprire orizzonti sempre nuovi. Ecco per voi queste due ricette.

Panforte

(da una ricetta di Rossanina, “capo” della banda di Coquinaria che ha ospitato Spicy e me per molti anni).

Ingredienti:

150 g di noci
250 g di mandorle
150 g di farina
150 g di miele di acacia
200 g di zucchero a velo
100 g di cedro candito 
150 g di arancia candita
chiodi di garofano
½ cucchiaino di semi di coriandolo tritati
1 presa abbondante di cannella
1 presa di noce moscata
ostie

Far tostare a 180° per qualche minuto le noci e le mandorle. Tagliarle a pezzetti ed unirle al cedro e all’arancia, le spezie e la farina (lasciandone da parte 2 cucchiai). Mettere in una casseruola lo zucchero a velo (lasciandone da parte un cucchiaio).
Aggiungere 1 cucchiaio di acqua e 150 gr di miele.
Cuocere a fuoco bassissimo mescolando continuamente finche’ appariranno delle piccole bolle. Unire i 2 composti mescolando con un cucchiaio di legno fino ad ottenere una massa omogenea. Con le mani infarinate formare una palla.
Foderare una tortiera con le ostie e riempire con l’impasto ottenuto, mantenendo un’altezza di 2 cm.
Cospargere il panforte con un pizzico di cannella e lo zucchero e la farina lasciati da parte. Cuocere per 30 minuti (anche meno) a 150 gradi.

Panpepato

Il Panpepato invece lo conosco da meno tempo. Quest’anno una mia amica, Tiziana, mi ha dato questa ricetta, che secondo me è spaziale e che, un po’ riveduta e corretta, vi trascrivo:

Ingredienti:

200 g di noci
200 g di mandorle
200 g di nocciole
100 g di pinoli
400 g di farina
400 g di miele
300 g di cioccolato fondente
200 g di frutta candita (arancia, cedro e zenzero)
100 g di fichi secchi                                                                                                           
1 cucchiaino di zenzero macinato
1 cucchiaino di cannella
1 cucchiaino di chiodi di garofano macinati
1 presa di noce moscata
1 cucchiaino di pepe nero
scorza di arancia grattugiata

Procedimento

Tostare nel forno a 180° mandorle, noci e nocciole per pochi minuti, quindi  con il robot di cucina tritarle molto grossolanamente (a pezzettoni). Mettere da parte in una ciotola insieme ai pinoli. Quindi inserire nel robot la frutta candita e i fichi secchi, con un po’ della farina  e tritare (a me piace un po’ fine). Mettere da parte insieme alla frutta secca. Aggiungere le spezie, la scorza di arancia, il resto della farina, e mescolare bene.

In una casseruola sciogliere il miele e il cioccolato fondente. Ancora bollente versare sull’impasto di frutta, farina e spezie e mescolare bene. Stando attenti a non scottarsi, aiutarsi con le mani. Formare della pallottole schiacciate, di circa 10 cm di diametro (ne vengono 7), disporle nella placca da forno, e infornare a 180° per 20 minuti.

Deve venire un po’ morbido dentro. Eccone l’interno:

Schiavi della tecnologia? Liberatevi!

State sempre a controllare la posta elettronica in attesa di nuove e-mail? Aggiornate in continuazione le vostre pagine di Facebook, MySpace, Linkedin, Twitter? Guardate i giornali online alla ricerca di sempre nuove notizie? Inviate e ricevete sms senza sosta? Tenete il cellulare acceso a ogni ora del giorno e della notte? Allora, secondo Yair Amichai-Hamburger, direttore del Centro di Ricerca di Psicologia di Internet presso la Sammy Ofer School of Communications di Hertzlia, Israele, siete schiavi della tecnologia e la qualità della vostra vita è in grave pericolo. Sempre secondo lui, è necessario che vi riappropriate dell’ampia parte di vita che avete ceduto alla tecnologia e impariate a farne un uso sano e positivo, in una parola equilibrato. Naturalmente, lo psicologo non ci abbandona al nostro triste destino, ma ci fornisce la ricetta per riuscirci, indicandoci quattro elementi vitali.

Il primo è l’autonomia. Le vostre attività devono essere scelte, non devono essere frutto di impulsi o di decisioni altrui (facile quando si deve rispondere ad altri del proprio lavoro). In pratica: spegnere il cellulare durante i pasti e il tempo che trascorrete in famiglia, stabilire degli orari per la posta e per rendersi disponibili.

Il secondo elemento è il senso di competenza. Dice lo psicologo che molti si sentono competenti se sanno gestire la posta, se possiedono un nuovo modello di Blackberry, se hanno acquisito 50 nuovi amici su Facebook. La vera competenza, però, è un’altra cosa e riguarda il decidere quali attività sono importanti e il portarle a compimento in modo efficace, utilizzando la tecnologia solo quando serve.

Il terzo elemento sono le relazioni sociali soddisfacenti che, secondo questo psicologo sono minacciate dalla tecnologia, anche se altri, come abbiamo già visto in questo post, hanno rilevato il contrario.

Infine, il quarto elemento è il pensiero critico che permette di analizzare e valutare i messaggi, le pressioni, i bisogni indotti ed eventualmente neutralizzarli.

Ipse dixit.

Emanuele Luzzati: Fantasie

Questo è il titolo della mostra allestita all’Auditorium – Parco della musica, il 5 dicembre e aperta fino al 6 gennaio. Emanuele Luzzati è uno degli artisti che prediligo. Capace di incarnare nelle sue Opere le fiabe, i miti, le leggende, le culture e le religioni di ogni tempo e di ogni luogo.

Quest’allestimento dell’Auditorium di Roma è diviso in più parti: una, iniziale, nello spazio AuditoriumArte dove si possono ammirare le opere degli esordi: alcune ceramiche, le prime litografie (con l’esposizione della lastra originale in rame), e alcune grandi sculture a soggetto ebraico davvero suggestive.

La Kuppà - Il matrimonio ebraico

Un Rabbino

Nella Cavea è stato allestito un enorme presepe che Luzzati ha progettato e costruito per la città di Torino: un’opera magnifica, che purtroppo non è resa come meriterebbe dall’estemporanea fotografia scattata col mio cellulare.

Particolare del presepe

Più avanti, nel Foyer Sinopoli sono esposti i bozzetti per le scenografie di opere come “La Gazza Ladra” e “Il Flauto Magico”, alcuni costumi di scena, e  soprattutto vengono proiettate 12 opere cinematografiche realizzate da Luzzati in collaborazione con Giulio Gianini per due delle quali gli Autori sono stati candidati all’Oscar (La Gazza Ladra del 1964 e Pulcinella del 1973).

Luzzati era un fanciullo, giocava con l’arte. E quindi ampio spazio non poteva non essere dedicato proprio ai bambini, con laboratori artistici, racconti in musica, e letture a voce alta. Tutto gratuito (come la mostra), ma con alcune attività soggette al ritiro, 30 minuti prima dell’inizio, di un voucher alla biglietteria. Il programma? Una caccia al tesoro: non sono riuscita a trovarne traccia sull'(orribile) sito dell’Auditorium (troppo difficile ipotizzare un pdf da scaricare?); non sono stati in grado di aiutarmi i ragazzi del 060608 (numero del Comune di Roma che fornisce informazioni su musei e mostre). Sono dovuta arrivare direttamente in loco per prendere in mano finalmente l’agognato programma e accorgermi che un’attività era appena finita, e la successiva sarebbe iniziata dopo 4 ore. Troppe per poter aspettare lì con un bambino piccolo. Per fortuna c’è ancora un pochino di tempo: ci torneremo, come spero ci andrete anche voi, per godere di un piccolo viaggio nella fantasia di un Genio.

Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

È un libro, Olive Kitteridge di Elizabeth Strout, che ha vinto grazie a esso il Pulitzer 2009 (Fazi, 18,50 €), che parte piano, che capisci e apprezzi a mano a mano che procedi nella lettura, che leggi con avidità e che poi ti manca quando finisce. Si potrebbe definire un romanzo a racconti, 13 in tutto, con Olive a fare da filo conduttore: di alcuni è la protagonista, di altri una comprimaria, di un paio appena un nome citato da qualcuno. Lei è una professoressa di matematica terribile, come a volte sanno essere le professoresse di matematica (senza generalizzare, per carità. Le mie erano caruuuucce e mi amavano molto, forse perché erano convinte che studiassi la loro materia). L’autrice dice di Olive che tutti la ricordavano come una donna “che mai in vita sua si era dimostrata minimamente cordiale e neppure educata”. È schietta, sarcastica, tranciante, rancorosa e maldicente, eppure anche accogliente, dolce, comprensiva. E pagina dopo pagina ti viene addirittura di affezionarti a lei.

I racconti, ambientati in un piccolo centro del Maine, sono finestre sulla vita quotidiana dei suoi abitanti, sui tormenti, le insoddisfazioni, i risentimenti, l’amore e molto altro.

È forse un libro malinconico, ma che lascia, inatteso, un messaggio di amore e speranza che va oltre l’invecchiamento e la morte.

La chiesa dei Re Magi nel palazzo della Propaganda Fide a Roma

Ci sono tesori architettonici davanti ai quali noi romani passiamo in continuazione senza neppure notarli, presi come siamo dai nostri ritmi vorticosi. A volte però ciò accade perché la crescita della città nei secoli ha soffocato gli edifici rendendo impossibile goderne appieno. Questo è stato anche per il palazzo secentesco della Propaganda Fide, un intero isolato progettato dal Borromini che si trova tra piazza di Spagna e via Propaganda. Quest’ultima strada è oggi così stretta che è impossibile ammirarne interamente la facciata principale che invece si può osservare nella stampa dell’epoca in fondo al post.

All’interno del palazzo è nascosta la chiesa dei Re Magi, poco conosciuta e non sempre aperta al pubblico, che abbiamo potuto visitare grazie a un permesso speciale ottenuto dalla nostra archeologa/guida preferita Stefania Ponti. Si tratta di un vero gioiellino, opera del Borromini, edificata tra il 1662 e il 1664 al posto della preesistente del Bernini fatta demolire: semplice, a pianta rettangolare con gli angoli smussati, piena di luce e ricca di simbologie. Bella la volta a fasce che si incrociano. I quadri provengono dalla demolita cappella del Bernini; sull’altare l’”Adorazione dei Magi” di Giacinto Gimignani, da cui il nome della chiesa.

Aumenta la tua altezza e cambi il tuo destino!

“Essere alti vuol dire essere competitivi. I bassi sono dei perdenti”. Così si è espressa in un talk show sudcoreano una studentessa di Seul: non ha fatto che esprimere quel che lì tutti pensano.

I genitori fanno ormai qualunque cosa per assicurare ai propri figli una statura che li preservi dall’essere ridicolizzati e dal perdere l’autostima. E così si rivolgono in massa alle cosiddette cliniche della crescita che stanno proliferando, ma che, come affermano alcune associazioni di consumatori, agiscono ai limiti della legge promettendo quel che difficilmente sono in grado di mantenere. Dice un medico che lavora in una di queste cliniche: “Dobbiamo pensare ai ragazzi come a degli alberi e fornir loro il giusto terreno, il giusto vento e il giusto sole per aiutarli a crescere”. In realtà offrono ai piccoli malcapitati un misto di agopuntura, aromaterapia, tonici a base di corna di cervo, ginseng e altre erbe medicinali (Maga Magò ci avrebbe messo dentro anche delle code di lucertola). Ma anche, ahimé, ormoni della crescita dai costi elevatissimi e dagli effetti collaterali molto gravi ed esercizi in macchine che sembrano uscite dai più impressionanti musei della tortura. Il tutto per la modica cifra di quasi mille dollari al mese per bambino.

Nessuno scandalo, per carità. Figuriamoci che in Occidente per aumentare la statura si fanno dei dolorosi interventi di allungamento delle ossa! Dovrebbero essere riservati esclusivamente a chi è affetto da gravi forme di nanismo, ma in realtà vi accede anche chi ha problemi psicologici riguardo la propria altezza. Però, che tristezza vedere la saggezza orientale andar dietro ai modelli occidentali di bellezza e successo! Riuscendo addirittura a superarci in idiozia!

Divorzio all’israeliana

Riceviamo da Sergio (il miglior “ragazza” che conosciamo) e volentieri pubblichiamo:

Forse non tutti sanno che … le Corti rabbiniche hanno il potere di annullare retroattivamente le conversioni all’ebraismo: fattispecie curiosa, questa, che farebbe rabbrividire anche i peggiori azzeccagarbugli.  

Dunque non solo è difficilissimo ottenere la conversione all’ebraismo, ma una volta ottenuta, c’è sempre in agguato il pericolo che lo sforzo fatto non sia servito a nulla. E’ il caso di una signora danese protestante (ogni riferimento a fatti o persone di famiglia è puramente casuale) immigrata in Israele nel 1991 e convertita all’ebraismo. Nel 2007 si è presentata dinanzi alla Corte Rabbinica per ottenere il divorzio dal marito ebreo. Nel corso del dibattimento è emerso che la donna non osservava lo Shabbat e non seguiva i precetti previsti per le donne nelle relazioni sessuali con il marito, che impongono il divieto assoluto di avere rapporti durante il periodo mestruale.

Non ininfluente è il fatto che in Israele il matrimonio è materia di esclusiva competenza religiosa e non esiste il matrimonio civile.

Il giudice del Tribunale rabbinico ha pertanto decretato nulla la conversione della donna e il conseguente matrimonio; pertanto la signora non aveva più la necessità di ottenere alcun divorzio. Questa sentenza ha avuto come ulteriore conseguenza la cancellazione dell’appartenenza alla Comunità ebraica dei tre figli nati dal matrimonio, ponendoli di fatto in un “limbo spirituale” ovvero a metà tra “non ebrei” e “non non-ebrei”: in poche parole in Israele, secondo la legge vigente, non possono sposarsi con nessuno! Sarà interessante vedere come si risolveranno in futuro altri casi del genere.

Per il momento comunque vengono semplificati quei casi di divorzio dove uno dei coniugi è un/a convertito/a: per evitare il ghet (il divorzio) e ottenere un più rapido annullamento, basta che si affermi di aver fatto tanto, tanto sesso durante e subito dopo le mestruazioni!

Sergio

Non c’è limite alla brutalità: Le nuove frontiere della violenza sessuale

Ogni notte nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo gruppi di uomini armati fanno irruzione in villaggi, entrano a forza nelle case e violentano in modo seriale donne di ogni età. Generalmente mutilano i loro genitali con pistole, pezzi di vetro, legno o plastica incandescenti. Spesso conducono le loro vittime nella foresta e le torturano come schiave sessuali per giorni, mesi, anni. Alcune, alla fine, vengono uccise con un colpo di arma da fuoco sparato nella vagina. I dati più recenti parlano di 1.100 donne sottoposte a questo trattamento ogni mese nel periodo novembre 2008/marzo 2009.

Stephen Lewis, già inviato speciale delle Nazioni Unite per l’AIDS in Africa, ha affermato: “Una capacità di brutalità di così tanti perpetratori e una capacità di indifferenza di così tanti testimoni rappresentano il terribile apice di un trend ormai fuori di ogni controllo”.

Gli autori di un articolo appena uscito sulla rivista internazionale PLOS Medicine, uno dei quali lavora come ginecologo nell’ospedale del South Kivu dove si presta assistenza medica e psicologica alle sopravvissute, forniscono una testimonianza di prima mano della ferocia e dell’efferatezza consumate. Sottolineano che, soprattutto nei teatri di guerra, gli stupri rappresentano una arma di terrore di massa coordinata e deliberata. Ma quello che sta accadendo da 10 anni in questa regione è qualcosa che va oltre, un’azione continua tesa non solo a terrorizzare e demoralizzare, ma anche a provocare intenzionalmente gravi traumi sessuali e una serie di malattie, compresa l’infezione da HIV. È per questo che si configura come un’atrocità diversa da tutte le altre commesse in paesi quali Bangladesh, Rwanda ed ex Yugoslavia. Ed è per questo che si è deciso di dare al fenomeno una nuova particolare denominazione: stupro con violenza estrema (rape with extreme violence, REV).

Quel che meraviglia, ma non poi troppo, è che tutto ciò avviene nella piena impunità dei colpevoli, tra l’indifferenza delle organizzazioni internazionali e l’inconsapevolezza di chi legge i giornali e guarda i telegiornali.

Buon Natale!

Tumore della mammella e contenitori di plastica

Un paio di settimane fa si è svolto un simposio presso il Mount Sinai School of Medicine di New York durante il quale si è parlato della relazione tra cancro della mammella e alcune sostanze chimiche. Innanzi tutto i dati epidemiologici. Il rischio che una donna bianca di 50 anni ha di sviluppare tale cancro è passato dall’1% del 1975 al 12% di oggi. Anche se una parte delle aumentate diagnosi è il frutto di screening più raffinati, si tratta comunque di una crescita notevole. Un incremento ha interessato anche altre malattie, quali l’asma, che è triplicata negli ultimi 25 anni, la leucemia infantile che cresce di un punto percentuale ogni anno, così come l’obesità. Uno dei fattori che provoca tutto questo, probabilmente, è il cambiamento dello stile di vita, meno esercizio fisico, più stress e più fast food, ma anche alcune sostanze chimiche possono avere un ruolo importante. È degno di nota, per esempio, che le donne che vivono in Asia mostrano dei tassi molto bassi di tumore della mammella, ma le donne di etnia asiatica nate e cresciute negli Stati Uniti non sono nella medesima situazione favorevole. Da che può dipendere? Una teoria chiama in causa la pubertà più precoce delle donne occidentali e quindi un maggior numero di anni con le mestruazioni e di conseguenza una più massiccia esposizione agli estrogeni, fattore di rischio per il cancro. E l’inizio precoce delle mestruazioni, come è stato rilevato soprattutto tra gli animali, è legato a esposizioni a pesticidi, policlorobifenili (PCB) e altre sostanze chimiche. Per esempio, i distruttori endocrini, sostanze simili agli estrogeni, che si trovano in alcuni tipi di plastica e di cosmetici, riguardo ai quali partirà presto negli Stati Uniti un programma di monitoraggio. Così come si fece per la benzina col piombo: dopo che fu messa al bando si rilevò un decremento dell’80% nei livelli di piombo nel sangue e un aumento di sei punti nel quoziente di intelligenza dei bambini.

Un giornalista ha chiesto ai medici che partecipavano al simposio che cosa facessero personalmente per ridurre i rischi. Molti evitano di inserire nel forno a microonde alimenti in contenitori di plastica, o di mettere oggetti di plastica nella lavastoviglie perché il calore può causare il rilascio di sostanze pericolose.

Quel che ho trovato importante è che nel corso del simposio è stata diffusa una lista di plastiche sicure, che sono quelle caratterizzate dai numeri, in genere stampigliati sul coperchio, 1, 2, 4 e 5. Quelle da evitare sono invece la 3, la 6 e la 7, a meno che non vi sia la dicitura “BPA free”. Mi sono ovviamente precipitata a controllare i numeri dei miei contenitori di plastica. Indovinate? Soltanto in uno, fatto in Israele, il numero c’era ed era ben chiaro: il 5. Negli altri, acquistati in Italia, non c’era alcun numero. Quindi vattelappesca con che cosa ci fanno venire a contatto. Inquietante, no?

Oggi parliamo di storia greca

Erodoto

È giusto. Smettiamo di parlare di Berlusconi, delle sue vicende, delle sue disavventure. Basta con queste teorie del complotto, con le dietrologie. Non se ne può più, si rischia di diventare noiosi.

Oggi, dunque, parliamo di storia greca.

Narra Erodoto nel primo libro delle Storie:

“Gli Ateniesi della costa e gli Ateniesi dell’interno, i primi capitanati da Megacle, i secondi da Licurgo, erano in conflitto fra di loro: Pisistrato mirando al potere assoluto diede vita a una terza fazione: riunì un certo numero di sediziosi, si autodichiarò fittiziamente capo degli Ateniesi delle montagne ed escogitò il seguente stratagemma. Ferì se stesso e le proprie mule e poi spinse il carro nella piazza centrale fingendo di essere sfuggito a un agguato di nemici che, a sentire lui, avrebbero avuto la chiara intenzione di ucciderlo; chiese pertanto che il popolo gli assegnasse un corpo di guardia. Gli Ateniesi si lasciarono ingannare e gli concessero di scegliere fra i cittadini 300 uomini con i quali Pisistrato occupò l’acropoli”.

Era il primo dei tre tentativi del tiranno Pisistrato di prendere il potere: siamo nel 561/560 a.C.