Le avventure di ALicE: “Pensa tre volte prima di aprire bocca”

Questo è il saggio consiglio che mi ripete mia madre fin da quando ero piccola. Perché già in tempi non sospetti usavo parlare a sproposito. Vi faccio un esempio.

Quando ero solo un’ALicEtta, Laura, che è mooooolto più grande di me, mi intratteneva suonando la chitarra. Le mie canzoni preferite erano Butetti (Piccola Ketty, dei Pooh); Mone (Il ballo di Simone di Giuliano e i Notturni) ma soprattutto Via Del Campo di Fabrizio De André. Quando chiesi spiegazioni in merito alla puttana della terza strofa, imbarazzati mi spiegarono che avevo capito male, che a Via Del Campo c’era una “fontana”.

Nulla da meravigliarsi quindi se un giorno in taxi passavamo a piazza Barberini e io, indicando la Fontana del Tritone, gridai nell’imbarazzo generale:

“uadda mamma, una puttana!!!!”

Ecco, questa è una delle prime mie uscite a sproposito che mi ricordo. Ma nel tempo ne vennero altre: in un bar di via del corso, avrò avuto 17 anni, cercavo dei cioccolatini della Perugina e chiesi quindi candidamente al barista

“Scusi, che c’ha “la Voglia matta?” Ovviamente lui mi rispose: “Io si e tu???”

Ma non sono sempre stati di doppi sensi: anche inutili risposte circostanziate date senza nessun motivo: come quando dovevo comprare un regalo e passai in un negozio di lampade, prima di andare in palestra. Dal momento che non mi andava di portarmi appresso il paccone chiesi al signore se potevo passare a prenderlo dopo ginnastica… e aggiunsi:

“al massimo arriverò un po’ sudata, ma tanto a lei non importa, no?”

E infatti a lui non importava affatto né di vedermi sudata fradicia, né tantomeno di saperlo in anticipo! Ma io sono fatta così, penso e parlo contemporaneamente.

L’idea di scrivere questo post mi è venuta perché proprio l’altro ieri mi è successo ben due volte di parlare senza pensare: la mattina sono andata dal pescivendolo (un bell’uomo, giovane, abbronzato, muscoloso e ultra-tatuato) e gli ho detto assertiva:

“Mauro, oggi c’ho proprio voglia di pesce!”

Oltretutto quando faccio queste grezze il mio viso acquisisce istantaneamente un’espressione incongrua perché arrossendo  mi domando subito: “ma che sto a di’?” amplificando in questo modo la già brutta figura.

Poi dovete sapere che il Marito (Furio, vi ricordate?) dopo che si fa la doccia la pulisce  prima con un tergi vetri, e poi l’asciuga con un panno di microfibra. Quindi cerco sempre di fare la doccia per prima per evitare questo obbligo faticoso. Quando l’altra mattina siamo tornati dalla palestra, il Marito doveva andare a casa, mentre io sarei salita dopo 10 minuti. Con l’androne pieno di condomini, portinaio compreso, gli ho raccomandato a voce altissima:

“Ehi! Aspettami prima di fare la doccia!”

dando adito così a chissà quali pensieri vastasi nelle menti perverse dei  presenti che a tutto avranno pensato tranne al fatto che non avessi voglia di pulire.

Ma la più bella è successa in ufficio. Era il periodo in cui svolgevo la funzione di analista dei reclami. Chiamai al telefono un cliente incavolato nero per dei disservizi che aveva subito. Mi chiese l’attivazione di una promozione che normalmente era a pagamento e io, con voce melliflua e condiscendente, scegliendo peraltro l’unico momento in cui nell’open space regnava un insolito silenzio quasi irreale, gli risposi:

“E va bene, signor Martini, per questa volta gliela do gratis!”

10 Risposte a “Le avventure di ALicE: “Pensa tre volte prima di aprire bocca””

  1. Nel coro dove cantavo in precedenza, c’era una pianista di origine inglese che parlava italiano con un accento fortissimo. Una volta magnificava una rassegna musicale, e aggiunse: “Ciuccio gratis!”

  2. 🙂
    Io divenni celebre per aver detto (trentatrè anni fa), da buon Liceo Classico…a proposito della mia morosa che era un po’ malata e pallidissima… : “No, non veniamo. Paola non sta bene. È qui coricata sul sofà bianca paonazza”… che per me in quel momento (ma ovviamente solo per me) non voleva dire rosso-violacea, ma pallidissima…
    Da allora, con certi amici di vecchia data, persi ogni credibilità linguistica… :-))

  3. come mi assomiglia…. potrei averla scritta io!

  4. Anche io ricordo un episodio analogo ripensando al quale continuo a vergognarmi. Ero in mensa insieme a una tavolata di colleghi e colleghe. Vien fuori un discorso sulle calze da donna e io, fiera: “Ne ho appena comprato un paio bellissimo, in microfica”. Vi lascio immaginare le reazioni. Da allora in famiglia la microfibra viene sempre chiamata in quel modo.

  5. Beh, anch’io ho fatto la mia parte, non crediate…

    Una volta ero con un mio amico, che vive da solo, e si erano intrecciati i discorsi della ragazza con cui si era lasciato e della sua domestica che se ne era tornata al suo paese.

    A un certo punto gli chiedo: “Ma tu ora hai una donna o fai tutto da solo?”.

    Lo vedo sbiancare, guardarmi torvamente, e non ne afferro il motivo. Mi ripasso mentalmente la frase, e alla fine realizzo (e divento rossa paonazza, e forse pure sbianco)… mi precipito a rettificare: “hai una donna di servizio oppure fai tutte le faccende domestiche da solo?”

    • Non male per la “foot in mouth syndrome”… 🙂
      LOL

      • E i tuoi amici che si sono scandalizzati per un “bianca paonazza” che direbbero della mia torta “ricotta e vescica” (anziché ricotta e visciole) e della dieta senza idrocarburi? Chiaramente, era senza carboidrati, però devo dire che anche di idrocarburi non facevo un grande uso 😆

      • c’era un bel racconto di Saul Bellow che si intitolava così, o meglio “quello col piede in bocca”, te lo ricordi?

  6. Se parliamo di lapsus ne ho tanti anche di questi:
    Parlando di una che non sopportavo:
    “Mi è antipatica a livello dermatologico“. O al bar: “un cappuccetto col cornino“!
    Senza contare poi che (convintissima) ho coniato la parola “baluastri” (baluardi + pilastri)…
    Ecc… ecc… ecc…

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