Dalí, romano de Roma del Cinquecento

Riceviamo da dhr e con il solito grande piacere pubblichiamo.

L’ultimo uomo del Rinascimento: così potrebbe essere definito Salvador Dalí, a cui è attualmente dedicata una straordinaria mostra al Vittoriano di Roma. Un’esposizione che – diversamente da quanto spesso accade – raccoglie un gran numero delle sue opere più significative, dalla prima giovinezza agli ultimissimi anni. Unico neo, i dipinti e disegni sono disposti in ordine alla cavolo, senza tener conto della successione cronologica, che invece in Dalí è importante quanto in Picasso, con numerosi “periodi” ben distinti.

L’arte surrealista del genio spagnolo si trova perfettamente a proprio agio nella Capitale, alla quale la uniscono i valori portanti del Rinascimento. In sintesi: grandiosità esteriore e acume intellettuale, celebrazione della vita fisica e slanci mistici, matematica ed erotismo, scienza e alchimia, genio individuale e cultura di massa, enogastronomia ed esoterismo, regolatezza e sregolatezza, Dioniso “e” il Crocifisso (non “contro” come diceva Nietzsche).

Una carnalità spagnola che si alterna e si fonde alla razionalità scientifica, i classici della letteratura alle icone Pop. Dalí amava frequentare tanto la crema di New York quanto i poveri pescatori dei villaggi catalani; ciò che non sopportava era la classe media, e la mediocrità, proprio come gli artisti del Cinquecento.

Le opere in mostra permettono di ripercorrere l’intera vicenda di Salvador Dalí. Ai primissimi anni risale ad esempio l’Autoritratto con collo raffaellesco, ancora in stile impressionista come andava di moda, ma già proiettato verso gli splendori rinascimentali. L’unica fase poco rappresentata in esposizione è quella immediatamente successiva, ossia la prima fase surrealista, impregnata di temi freudiani e ossessivi (complesso di Edipo, masturbazione). Molto ben rappresentati, viceversa, gli anni Trenta, in cui Dalí dipinge paesaggi semivuoti, silenziosi, figure evocative, lunghe ombre serali; è da questo momento che comincia a trovare collezionisti. Ma la fama mondiale arriva negli anni Quaranta negli Stati Uniti, dove si è rifugiato dalla guerra che devasta l’Europa; qui ha inizio l’iperrealismo fotografico applicato a raffigurazioni surrealiste che riprendono e rielaborano i temi affrontati finora.

Poi, tra il 1946 e il 1951, la svolta tanto disprezzata da André Breton, ma che Dalí considera l’evento più importante della propria carriera: la scoperta della “mistica nucleare”. Qui la Fisica atomica del XX secolo e la spiritualità tradizionale spagnola si uniscono per dare vita a un universo in cui esplodono energie soprannaturali. E poi avanti, fino all’inizio degli anni Ottanta, in cui l’anziano Dalí rilegge in chiave surrealista le opere di Velazquez e di Michelangelo. Dipinti affascinanti, che non hanno ancora la fama che meritano.

Oltre ai dipinti, occhio alle numerose illustrazioni in mostra, quelle per l’Autobiografia del Cellini, per il Don Chisciotte… A mio parere, l’attività di illustratore, ariosa, dinamica, complessa, costituisce il top dell’arte di Dalí. Un motivo in più per elogiare questa iniziativa romana.

dhr

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12 Risposte a “Dalí, romano de Roma del Cinquecento”

  1. BIBLIOGRAFIA / Opere in commercio

    Oltre al catalogo della mostra, esistono numerosi volumi, anche di piccolo formato, che offrono una panoramica sull’intera produzione di Dalí, o su aspetto specifici. Però N.B. alcuni mancano completamente di gusto e raccolgono… tutto il peggio. Qui sotto, alcuni titoli per andare sul sicuro.

    “Dalí” – L’opera omnia, edita da Taschen nel 2007: in 2 volumi di grosso formato, un cofanetto spesso una dozzina di cm!

    “Dalí” – Il catalogo ridotto di Taschen del 2010, quello di 224 pagine, a cura di R. Descharnes e G. Néret; da non confondere con i “Dalí” Taschen tascabili, che valgono poco.

    Tra le opere scritte dallo stesso Dalí, le più ricche e profonde non sono il “Diario di un genio” ecc., ma…

    “Cinquanta segreti magici per dipingere”, Abscondita, 2009 – c’è dentro tutta la filosofia di Dalí, espressa in forma paradossale ma tutt’altro che buffonesca; peccato il formato che uccide le magnifiche illustrazioni; la versione migliore è quella originale inglese (50 Secrets of Magic Craftsmanship), reperibile sul mercato internazionale

    “Il mito tragico dell’Angelus di Millet”, Abscondita, 2000 – tra i più interessanti saggi di arte mai scritti

    Infine, il cartone animato progettato con Disney nel 1948, ma realizzato postumo nel 2008: F. Adamo – C. Penenstrì, “Il Destino di un incontro”, Mimesis, 2010

  2. BIBLIOGRAFIA / Mercato dell’usato e dell’antiquariato

    Il “Don Chisciotte” illustrato da Dalí

    La “Divina Commedia” illustrata (almeno un paio di edizioni diverse – ma non fare caso alle didascalie perché, per una lunga serie di motivi, i collegamenti tra testo di Dante e immagini di Dalí sono spesso errati)

    La “Bibbia” illustrata

    Il catalogo della mostra tenuta nel 1984 a Palazzo dei Diamanti di Ferrara: forse la più bella e affascinante mostra di tutti i tempi, con un catalogo “inusuale” che è una vera chicca

    Il catalogo preceduto dalla geniale introduzione dello scrittore Ramon Gomez de la Serna, reperibile sia in italiano che in inglese

    Il catalogo preceduto dall’introduzione di Gomez de Llano, in italiano; risale al principio degli anni ’80, con intervista a Dalí che ormai realizza le sue ultime opere

    Evitare invece il catalogo “La vita è sogno”, opera di plagiari e truffatori

    • P.S. le stupende illustrazioni per la “Vita” del Cellini, oltre a quelle per i “Saggi” di Montaigne e ai “Canti di Maldoror”, sono contenute nel catalogo di Ferrara.

  3. Ciliegina sulla torta:

    “I gioielli di Dalí”, ed. Allemandi, 2001

  4. APPENDICE: Le biografie

    La biografia più interessante è ovviamente quella non autorizzata, cioè:

    Per una biografia autorizzata, e sciapotta, ma corredata di bellissime immagini:

    Entrambi i volumi richiedono la passione per le bancarelle ecc.

  5. Ultima annotazione ultima: un altro periodo “mancante” in mostra è quello dei dipinti monumentali anni ’60, con episodi storici (La scoperta dell’America, La battaglia di Tetuàn…) riletti in chiave moderna. Ma qui le ragioni sono ovvie: quelle opere non ci sarebbero fisicamente “state” in quegli spazi.

  6. Ciao dhr, grazie per il post molto interessante e chiaro. un saluto, ahr.

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