archivio | 18 dicembre 2012

Palazzo Altemps

Palazzo Altemps

Palazzo Altemps

Domenica siamo andati a visitare Palazzo Altemps. La nostra guida preferita ce lo nominava sempre, e quindi abbiamo fatto un po’ di pressing perché ci portasse a vederlo.

Palazzo Altemps è una delle 4 sedi del Museo Nazionale Romano (le altre 3 sono le Terme di Diocleziano, Palazzo Massimo alle Terme e la Crypta Balbi). Deve il suo nome al cardinale Marco Sittico Altemps, che lo acquistò nel 1568 eleggendolo a sua dimora romana. In realtà l’edificio attuale è solo il punto di arrivo cinquecentesco di una serie di costruzioni che hanno sempre occupato la zona fin dall’antichità.

In alcune parti si possono ancora vedere residui di costruzioni e di decorazioni risalenti alle epoche più antiche: nell’ottica del “non si butta via niente” normalmente si sfruttavano le fondamenta dei palazzi preesistenti per costruirne di nuovi. Questo ha aiutato il lavoro degli archeologi che hanno potuto studiare le varie epoche nella stratificazione del sottosuolo romano (e non solo).

Prima del suo restauro, voluto dalla giunta Veltroni, Palazzo Altemps era caduto in vera e propria disgrazia: senza vetri alle finestre, preda delle intemperie, dell’umidità e anche di volatili che si rifugiavano al suo interno, la dottoressa Ponti ci ha raccontato che era ridotto davvero in stato pietoso.

Il palazzo contiene un’importante collezione statuaria appartenuta a varie famiglie nobili romane. Giusto per ricordarne qualcuna: Il Galata suicida, parente non lontano del meraviglioso Galata morente conservato nei Musei Capitolini; il Trono Ludovisi, La statua di Ares, nella quale si può ammirare un intervento del Bernini, che le ha rifatto il piede destro.

Anche i soffitti e le decorazioni pittoriche sulle pareti, che ci fanno godere degli affreschi del ‘400 e del ‘600 ci danno l’idea dell’importanza artistica di questo palazzo. Tra i tanti dipinti uno ha colpito la mia sensibilità di cuoca e padrona di casa (si, insomma la “casalinga di Voghera” che abita in me): si tratta de La Piattaia, un affresco attribuito alla scuola di Melozzo da Forlì che  raffigura una credenza sulla quale sono disposti i regali di nozze e i biglietti di auguri di Girolamo Riario e Caterina Sforza sullo sfondo di un arazzo a fiori. Non si può tralasciare prima di concludere il tour, la bellissima loggia, affrescata come fosse un giardino d’inverno, dal momento che, se si esclude la corte all’ingresso, il palazzo non possedeva un vero e proprio terrazzo.

L’edificio custodisce anche una storia tra il rosa e il noir: Roberto, il figlio naturale di Marco Sittico Altemps, aveva sposato una Orsini, famiglia nemica acerrima di papa Sisto V. Il papa quindi, per vendicarsi di questa alleanza suggellata col matrimonio, accusò Roberto di adulterio e lo fece decapitare. Senza sapere però che Roberto aspettava dalla moglie un figlio maschio, Giovanni Angelo Altemps, che quindi nacque orfano di padre. Per vendicarsi costui fece dipingere dal Pomarancio, nella chiesa di S. Aniceto ospitata nel palazzo, un ciclo pittorico che racconta la decapitazione del padre Roberto e insinua l’accusa di omicidio rivolta proprio a Sisto V. A dimostrazione di ciò possiamo osservare i putti affrescati sulle pareti che portano in mano strumenti di tortura; un obelisco che indica senza errore la presenza del papa (noto per aver spostato molti obelischi di Roma); il ponte con il fulmine che simboleggia la volontà di rompere i rapporti con il Vaticano. Insomma un’interpretazione scientifica questa, che contrasta con quella ufficiale ecclesiastica la quale insiste nel voler vedere nel ciclo pittorico descritto la storia di papa Aniceto.

Vi anticipo che a breve posteremo una seconda puntata sulla visita a Palazzo Altemps, nella quale vi racconteremo cosa ci è successo visitando la chiesa di S. Aniceto e che racconterà come la religione riesce ad allontanare le persone invece di accoglierle.