Lo scorso mercoledì, a Seul, di fronte all’ambasciata giapponese, è apparsa una statua in bronzo che raffigura una giovane dall’espressione seria, in abiti tradizionali, i piedi nudi, le mani in grembo e gli occhi fissi su quell’edificio. L’opera si intitola “Monumento alla Pace” ed è stata finanziata da donazioni dei cittadini.
Non è probabilmente un caso che questo si sia verificato proprio in concomitanza con la visita del presidente Lee Myung-bak a Tokio in questo fine settimana.
All’origine vi è una vicenda forse poco nota accaduta durante la seconda guerra mondiale quando i Giapponesi obbligarono alla schiavitù sessuale circa 200.000 donne asiatiche, in maggioranza coreane, per il piacere dei soldati. “Comfort women” venivano chiamate.
Per ricordare questi avvenimenti e chiedere un risarcimento al governo giapponese (già offerto nel 1995, ma rifiutato perché proveniente da privati e non dallo stato), dall’8 gennaio 1992 ogni mercoledì, senza mai saltare una settimana, le vittime sostano davanti a quell’ambasciata: inizialmente erano 234, oggi sono rimaste a testimoniare solo 63 donne ultraottantenni.
Un rappresentante del governo giapponese ha definito l’installazione della statua “estremamente deplorevole” e ha chiesto che venga rimossa, appellandosi ai trattati internazionali che impegnano i governi ospiti a proteggere la dignità delle missioni diplomatiche. Il portavoce del Ministro degli Esteri sud-coreano ha richiamato invece la controparte a ristabilire l’onore di queste donne come loro fermamente richiedono.
Restiamo in attesa di vedere come andrà a finire, dal momento che durante la visita in Giappone il presidente sud-coreano solleverà con il primo ministro giapponese anche questa controversia. Ma intanto il tempo stringe.
e poi si dice la tenacia delle donne! se no, dove sarebbe il mondo?
inossidabili, però, ‘sti giapponesi: non vogliono che sia detta! la schiavitù sessuale è, per tutti i soldati, un effetto collaterale, ma per ciascuna donna assolutamente nooooo!
Con le coreane si son comportati “meglio” che con le cinesi, cxhe consideravano uno scalino più subumane delle coreane, e ne hanno massacrate a decine di migliaia dopo averle ridotte a schiave sessuali per le truppe.
Il film cinese “Nanjiin, Najiin” (in Inglese “City of Life and Death”) un film stupendo in bianco e nero in cinese, anni luce al di sopra dell’hollywoodiano “The Flowers of War” che sta uscendo, illustra quanto abbiano fatto a Nanjiin (Nanchino) nel 1937, dove i Japs, o “Gooks”, come spregiativamente erano chiamati dagli Americani, hanno massacrato circa 300.000 cinesi.